Nel mio I-Pod ieri pomeriggio avevo messo la “riproduzione casuale” e dopo qualche brano ritmato e paradossalmente frivolo, ecco che è arrivata una bomba, quel cervellino tecnologico ha deciso di far partire le note di una delle canzoni più significative della storia della musica, un’opera d’arte che non mugoli nemmeno per paura di sciuparla ma che ti limiti ad ascoltare e ad amare cercando di capirne il profondo significato e sto parlando della superba “The sound of silence” dei grandiosi Simon & Garfunkel.
Terminato questo capolavoro ho spento il mio lettore musicale perché diciamocelo, qualsiasi canzone fosse capitata dopo quella, avrebbe senz’altro fatto una figuraccia, quindi ho deciso di chiudere in estrema bellezza però il mio cervellino si è messo in moto e mi sono immersa nei pensieri di questo suono del silenzio.
La definizione della parola “silenzio” è l’assenza di ogni forma di rumore, di suono o di voce e dentro di me ho pensato: “diamine, che cosa profonda…”.
Non mi piace tanto però questa definizione, perché il silenzio non può essere definito in tre paroline e tanto meno può avere una sola ragione d’esistenza perché è una cosa così astratta e allo stesso tempo estremamente profonda che deve per forza avere tantissimi significati al suo interno, può essere una ricerca di se stessi, oppure dato dall’imbarazzo, da una tristezza o può scaturirsi da una forte emozione.
Qualche volta il silenzio viene visto come un segno d’ignoranza, non a caso “chi non sa, tace” oppure può avere anche una sfaccettatura tragica, infatti molte volte nelle poesie o nei testi di letteratura si trova il legame che correla la morte al silenzio ed io penso che al giorno d’oggi, purtroppo, ci siano delle preoccupazioni che non possono sempre aggrapparsi alle parole e allora, in questi casi, credo che il silenzio possa rivelarsi veramente un grande amico.
Io sono sincera, mi piace il caos e la grande compagnia casinista ma ammetto che ci sono dei momenti ben precisi dove sento l’impellente bisogno del silenzio, lo cerco, lo richiedo e lo pretendo. Penso anche che oggi come oggi, il “silenzio assoluto” sia una cosa rarissima da trovare perché o suona il cellulare, o passa una macchina o per altre mille frivolezze quotidiane che ci portano alla distrazione, nonostante questo, reputo il silenzio un diamante estremamente raro, bello da sentire, piacevole e spaventoso da provare e preziosissimo da vivere.
La ricerca dell’assenza di tutti i suoni e rumori arriva quando si cerca di far chiarezza, o almeno per quanto mi riguarda, quando abbiamo bisogno di sentire quella rilassatezza muscolare e celebrale per snodare quei pensieri aggrovigliati che ci pesano addosso e personalmente adoro quando, in determinate circostanze, subentra quel tipo di silenzio in cui le parole non bastano ed allora tutte le voci diminuiscono lasciando spazio a quel ronzio che piano piano si attenua fino a diventare silenzio e questo momento va gustato, goduto e soprattutto va difeso a spada tratta perché come si dice “le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio”.
Capita anche qualche volta di non poter sostenere quest’assenza di suoni, succede quando il silenzio è troppo pesante e rimbombante da affrontare ed allora lo mandiamo via in qualsiasi modo possibile, non per ignoranza o cattiveria ma solo perché in quel preciso momento non ci sentiamo pronti a navigare con noi stessi navigando nel mare del silenzio perché è esattamente questo ciò che fa, ci mette faccia a faccia col nostro “io” più profondo e noi non sempre siamo disposti a farlo. Per questa serie di motivi penso che si debba prestare molta attenzione all’utilizzo del silenzio, spesso comprenderlo è tutto tranne che facile, può essere una grande bellezza ed un maestro ineguagliabile ma talvolta spaventa, fa paura e ci fa correre a gambe levate.
Vi lascio con un aforisma di Mark Twain che è molto in linea col mio pensiero:
“La parola giusta può essere efficace, ma nessuna parola è tanto efficace quanto un silenzio al momento giusto”.