Finalmente ho recuperato un pilastro della letteratura russa, ovvero “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij. In meno di 100 pagine l’autore ha creato qualcosa di potentissimo.
Il racconto inizia così: “Era una bella notte, meravigliosa, una di quelle notti, caro lettore, che possono esistere solo nella giovinezza. Il cielo era talmente pieno di stelle, talmente limpido che guardandolo veniva voglia di chiedersi: È mai possibile che ci siano, sotto questo cielo scintillante, persone cattive e capricciose?”.
Siamo a San Pietroburgo e la vicenda si svolge in quattro notti e una mattina.
Il nostro protagonista è un Sognatore con la S maiuscola, un osservatore solitario che si aggira qua e là senza amici o conoscenti. Questa condizione di solitudine gli permette di soffermarsi sui dettagli, di guardare tutto e tutti. Sembra quasi che lui conosca il mondo, ma che nessuno conosca lui.
Un giovane che si è nutrito di sogni ad occhi aperti, di letteratura e di una vita idealizzata ma che non ha mai vissuto realmente. Una sera s’imbatte in una ragazza, Nasten’ka e i due iniziano a parlare confidandosi sogni, idee, paure e sentimenti.
Un romanzo breve ma decisamente intenso che tutti dovremmo leggere (e forse anche rileggere) dato che risulta estremamente attuale.
Le tematiche trattate dall’autore sono tante e complesse come la disillusione, l’introspezione e la solitudine. Tra queste pagine emerge un Dostoevskij delicatissimo, che costruisce queste quattro notti con parole fatte d’attesa, di speranze e sogni ad occhi aperti. Ma attenzione, chi ha già letto qualcosa di suo sa, conosce il suo “essere oscuro” e lo aspetta, o almeno coì ho fatto io. Ho lasciato che Dostowvskij mi prendesse per mano in queste notti stellate a San Pietroburgo, ho ascoltato attentamente le divagazioni del suo protagonista, il sognatore, ma non ho mai perso di vista chi ha scritto questo testo. E dopo aver letto “Ricordi dal sottosuolo” (clicca QUI per leggere la recensione), un capolavoro indiscusso, qui non potevo aspettarmi un qualcosa tutto “rosa e fiori”. E infatti arriva, eccome se arriva il contraccolpo di questo racconto.
L’intimità di questo testo diventa potentissima. La solitudine che ci presenta l’autore attraverso il suo sognatore è un qualcosa di protettivo, come se fosse una vera compagna di vita difficilissima da abbandonare. Una sorta di culla eterea e disillusa che però, prima o dopo, dovrà per forza scontrarsi con la realtà. È come se il protagonista si fosse bloccato con le sue stesse mani nella vita. O solo nell’idea di vita, una vita che però sembra abbia paura di vivere.
Sogni che piano piano, riflessione dopo riflessione, sembrano trasformarsi in rimpianti che pulsano nel cuore del sognatore che s’interroga sul suo tempo vissuto e sul “come” l’ha vissuto.
L’idealizzare costantemente un qualcosa toglie spazio alla vita vera? E il rifugio del mondo dei sogni, se tenuto stretto giorno e notte, alla lunga può far perdere il contatto con quella che è la realtà dei fatti? E ancora, quante volte ci siamo ritrovati a rincorrere un qualcosa che avevamo solo idealizzato?
Dopo queste quattro notti di dialoghi con la giovane fanciulla, il sognatore si sentirà diverso, cambiato nel profondo. Le loro parole racchiudono un significato chiaro: uno cerca un sentimento, l’altra comprensione e supporto. Due giovani allineati nel tempo ma non nel “volere”. Sono entrambi in attesa, ma di due cose ben diverse. Il lettore si sente coinvolto in questa dinamica, verrebbe quasi voglia di mettere in guardia il sognatore, dirgli che ha creato una proiezione tutta sua ma che non è reale.
Dostoevskij sa come scavare nell’anima delle persone, sa come entrarci e questa volta lo fa lentamente, la prende quasi larga ma poi quando arriva al punto cruciale, si sente tutta la potenza di una penna che ha solo da insegnare.
Leggetelo perché in pochissime pagine si capisce la grandezza dell’autore.
Per chi è? Per tutti, nessuno escluso, ognuno di noi potrà immedesimarsi o riconoscersi in almeno un pensiero del sognatore. Lasciatevi trasportare dal linguaggio ricercato e poetico di Dostoevskij tra le strade di San Pietroburgo in queste quattro nottate “bianche”, in cui nella Russia del Nord, il sole tramonta tardi, dopo le 22.00.
A presto lettori, recuperate questo classico se vi manca all’appello, fatevi un favore.