L’ultima lettura fatta è stata veramente, ma veramente “piena”. Si tratta di “La donna che scriveva poesie a Teheran” di Jasmin Darznik pubblicato da Piemme che ringrazio con tutto il cuore per avermi inviato la copia di questa storia che coinvolge a tutto tondo il lettore.
“Come un uccello in gabbia non ho mai smesso di cantare”.
Si tratta di un romanzo ispirato ed incentrato sulla vita della più grande poetessa iraniana del ‘900, Forugh Farrokhzad. L’autrice ne racconta l’infanzia portando subito il lettore in una realtà complessa, molto rigida che sembra quasi surreale ma che ahimè non lo è affatto.
Già da bambina Forugh risulta un canto fuori dal coro guardato di sottecchi. Ma il suo voler scrivere, la sua parola, è più forte dei preconcetti. Siamo negli anni ’40 e le donne non hanno vita facile in Iran (siamo nel 2023 e purtroppo siamo ancora lì), fin da piccole vengono cresciute all’insegna del silenzio e della totale ubbedienza ma Forugh si sente stretta in queste regole, molto stretta.
Perché i suoi fratelli possono giocare fuori correndo, azzuffandosi e lei no?
Perché lei non può essere libera di scegliere?
“Brucia dentro di te e sii accomodante”, le dicevano.
Un’infanzia di obblighi, doveri, “non fare quello”, “non devi dire questo”, “non devi metterti questo”, “non puoi pensare questo”. Tutti divieti, imposizioni ed impostazioni invalicabili sotto ogni fronte finché Forugh per stupire il Colonnello, il suo rigidissimo padre, scrive la sua prima poesia, prima di tante. Quelle sue parole scritte su carta, danno vita alla sua rivoluzione. Quella di Forugh è una poesia viscerale, melodiosa ma estremamente incisiva. Potente.
Forugh è costretta a sposarsi ma lei non è un’anima che si può chiudere tra le mura, non ha la personalità remissiva richiesta e quindi, dopo tempi bui, forzature, un figlio e un divorzio, finalmente, sceglie di preteggere la vera se stessa, sceglie la sua libertà scrivendo senza vincoli, muovendosi dove e come le pare, amando chiunque senza doveri fregandosene dei giudizi altrui. Spalanca le ali togliendosi di dosso tutta la pesantezza di quella vita non sua ma decisa dalla società.
Lei e le sue poesie stanno a rappresentare la voce di tutte quelle donne completamente schiacciate dalla cultura opprimente di quel paese che orgogliosamente ed in maniera terrificante, vieta qualsiasi tipo di libertà femminile.
Devo ammettere che è stata una lettura molto “forte” perché da donna, non è facile leggere certe cose. Ho letto queste pagine a cuore aperto, sentendo frustrazione e tutto il mix di emozioni che questo romanzo regala al lettore. Mi sono sentita strana durante tutto il romanzo e ho provato sentimenti contrastanti. Inizialmente sentivo tanta tristezza, tutte quelle regole, quei paletti da non poter valicare neanche per sbaglio. Fa mancare l’aria questa condizione di vita.
Ho provato rabbia perché nonostante gli anni trascorsi dalla realtà che racconta questo libro, oggi la situazione non è mica tanto diversa. Eppure di anni ne son passati. Ho percepito paura, quella paura fine, rognosa data dalla mia empatia verso Forugh che più volte si è ritrovata in situazioni pericolose per se stessa. Ho temuto ogni volta. Ero con lei, sentivo il suo dolore, la sua rabbia ed incomprensione. Ho provato anche tanta ammirazione, con uno scotto da pagare decisamente molto elevato, ma la sua energia, il suo voler alzare la testa mi è arrivato forte e chiaro. Che forza, che coraggio.
La penna dell’autrice ci accompagna passo dopo passo nella vita della poetessa con estrema cura in ogni piccolo dettaglio deliziando il lettore con tante poesie scelte e mirate in modo tale da far provare esattamente la sensazione ricercata. Bellissimo l’Epilogo e le note finali dell’autrice, mi sono rimasti entrambi molto addosso. Un libro che come avrete capito, tocca argomenti davvero importanti, difficili e rabbiosi ma che andrebbe tenuto bene a mente. È doverosa questa lettura.
Una volta terminata l’ultima pagina ho sentito l’arricchimento di questo testo pregno di poesia, di coraggio, speranza, terrore e cultura. Poi mi sono guardata allo specchio: “sono fortunatissima”, mi sono detta. “La donna che scriveva poesie a Teheran” di Jasmin Darznik è un romanzo doveroso per provare a capire, per immedesimarsi, o almeno provarci. Rientra in quella categoria di “libri – schiaffo” che mostrano una realtà che purtroppo non è fantasia ma è tutt’oggi molto tangibile.
Ringrazio ancora la casa editrice Piemme per avermi proposto questa lettura e soprattutto per avermi fatto conoscere le poesie di questa Donna con la D maiuscolissima.
Fateci un pensierino.
Vi auguro buon proseguimento di giornata, ci sentiamo presto!