Essendo ormai passato il 21 Giugno possiamo affermare d’essere entrati nella stagione calda. La maggior parte della popolazione ne sarà senza dubbio felice, io un po’ meno. Non vorrei andare sempre contro corrente però… Lo so che è la stagione dei gelati, della frutta buonissima, delle piscine, della tintarella, delle giornate al mare, delle serate lunghe a frescheggiare e delle tanto attese vacanze, quante note positive, lo so, però (ormai avrete capito che io ho SEMPRE un “però”!) questa è anche la stagione delle giornate afose dove non si respira, tutti sudiamo nel fare 3 passi messi in croce, ci lamentiamo dell’afa che ci rende fiacchi, la nostra pelle è appiccicosa e se sali su un qualsiasi autobus di città verso le 14.00 e hai la clamorosa sfiga di beccarlo affollato, beh allora ti conviene prepararti psicologicamente ( e fisicamente per i deboli di stomaco!) perché il 99% delle persone intorno a te puzzeranno come dei cammelli dopo un’infinita camminata nel deserto.
Ah, che bella l’Estate, no? Ormai lo sapete che io sono una fan accanita dell’Inverno, quindi dovrete sopportare i miei “scleri estivi” dettati da questo caldo becco.
In ogni caso se mi soffermo a pensare a questo periodo dell’anno e scorro un pochino indietro tra le mie pagine della memoria, il mio animo si rallegra e non posso far altro che sorridere.
Quando ero una bimbetta ed il mondo mi piaceva molto di più, tutta la mia famiglia aveva l’abitudine di fare le vacanze assieme e, oltre ad essere un bel numero, siamo di natura dei casinisti nati, riusciamo a fare un gran macello in qualsiasi posto, un po’ perché è nella natura di noi toscani fare il “chiasso”, come si dice a Firenze e poi perché siamo una famiglia immensa, in tutti i suoi molteplici significati.
Ho dei ricordi che non sono belli, sono molto di più, di quelle vacanze fatte tutti insieme, ovunque andassimo mantenevamo la nostra formazione da battaglia perché si sa, squadra che vince non si cambia, i miei zii con mio cugino, io coi miei e la mia sorella andava sempre in camera coi miei nonni, almeno si pareggiava la situazione. Nove, si pareva la compagnia dell’anello del film “Il Signore degli Anelli”.
Comunque, le avventure sono infinite e non mi basterebbero le pagine di questo blog virtuale per raccontarle ma vi assicuro che vi farei ridere di gusto per la maggior parte del tempo. Oggi però voglio ricordare una cosa che facevamo sempre, era diventata quasi una sorta di rito e solo il ripensarci mi mette addosso una beata tranquillità.
Quando trascorrevamo le nostre vacanze tra le bellissime montagne di Selva di Cadore, nella frazione di Santa Fosca, oltre a farci le immancabili foto accanto alla scritta “Ginepro” che di anno in anno trovava noi tre ragazzi sempre più cresciuti e gli altri con qualche rughetta o capello bianco in più, avevamo la splendida abitudine di fare un vero e proprio “pic-nic”. La cosa più importante di tutte, come spesso accade nella mia famiglia, era il CIBO; eravamo in 9 ed ovviamente la mia mamma, la mia zia e la nonna compravano panini e carne da fare alla griglia per un esercito e credetemi non sto né scherzando e né esagerando. Mortadella, prosciutto cotto e crudo, salumi tipici di lassù, formaggi, pane in quantità notevole, würstel, rosticciana, bistecche, salsicce ed altre mille varianti perché si sa, a casa mia il cibo non deve mai mancare, deve sempre avanzare in maniera da poter sfamare almeno mezzo Congo, per non parlare dell’alimentari in cui compravano tutto questo ben di Dio, appena le vedevano arrivare si sfregavano le mani perché probabilmente gli si dava lo stipendio per almeno 2 mesetti.
Comunque, ero piccola quindi non mi ricordo alla lettera le dinamiche di quelle grandiose giornate, però ho stampata bene addosso quella sensazione di perfezione, quando non cambieresti niente di niente di quei momenti, quando è tutto esatto, quando è tutto perfetto.
Mi rammento mio babbo e mio nonno che sistemavano la griglia per fare il fuoco, lo zio che giocava con mio cugino, che a quei tempi era uno scricciolo con le Superga blu, mi ricordo di me che non stavo ferma un secondo combinandone una dietro l’altra. Ah, mi sono tornate in mente anche le Superga della nonna, erano viola, bellissime.
Poi chiaramente c’era la super mangiata, quella potente, che ti soddisfa su due piani: il primo perché, per chi non ci conoscesse, siamo una famiglia che a tavola non invecchia, ci piace mangiare e godere di tutto quello che la buona cucina può offrire e secondo motivo perché eravamo tutti felicemente assieme in un bellissimo boschetto di montagna ed in quel momento non puoi voler niente di più dalla vita.
Dopo la splendida scorpacciata c’era il relax con la pancia bella piena, chi si distendeva sull’erba, il nonno cercava di schiacciare un pisolino abbassando sugli occhi il suo storico berretto beige con le spille degli alpini, c’era chi chiacchierava o giocava a carte e poi c’era il mio babbo che faceva una cosa che piaceva da morire a me e a mio cugino e ci piaceva davvero tanto.. Prendeva 3 o 4 palloni, li metteva in ordine dal più grande al più piccolo tenendoli tra le mani uno sopra l’altro, poi faceva il countdown e al 3 tirava un calcio fortissimo al primo pallone che partiva verso l’alto come una saetta insieme alle altre palle più piccole. Andavano veramente in alto e mi ricordo che mio cugino ed io ci divertivamo tantissimo, aspettavamo questa cosa con ansia.
Ah, bei tempi. Erano belle quelle vacanze, erano proprio belle. Tiro un grande sospiro dal sapore strano, è un misto di malinconia e felicità, che accoppiata particolare. Ogni tanto mi guardo le foto di quei giorni e al mio animo cade sempre una “lacrima sorridente” come la chiamo io, perché quei momenti immortalati, quegli odori sono lontani ma nonostante gli anni trascorsi riesco ancora a sentirli bene nella mia mente, forse perché io e quei ricordi ci siamo fatti una promessa, eh già, non mi rammento come diceva ma so che terminava con “finché morte non ci separi”.