In questa settimana che ci avvicina al giorno della Memoria, ho deciso di leggere un’altra testimonianza. Dopo “Lasciami andare, madre” (clicca QUI per leggere l’articolo oppure clicca QUI per guardare il video su Youtube ), ho deciso di leggere “Sono stato un numero – Alberto Sed racconta” di Roberto Riccardi.
Questa è la testimonianza di Alberto Sed, ebreo romano rimasto orfano di padre da piccolo. Per anni sta in collegio ma poi le leggi razziali gli impedirono di proseguire con gli studi. Per un po’ con la sua famiglia si nascose dalla morsa nazista ma poi vennero catturati e portati ad Auschwitz su un carro bestiame.
Emma, la sorellina piccola e la madre, vennero immediatamente giudicate inadatte al lavoro e conobbero subito l’orrore della camera a gas. Sua sorella Angelica fu sbranata dai cani per il mero divertimento delle SS. Solo Fatina, un’altra sorella, riuscì a sopravvivere inseme ad Alberto ma come lui stesso ci dice “lei non è mai uscita dal campo”. Questo perché oltre alle mostruosità vissute, venne sottoposta agli esperimenti del dottor Mengele e fu costretta ad assistere alla terribile fine della sorella Angelica.
È inutile girarci attorno: questo libro fa male. Le testimonianze dirette sono sempre dolorose, toccanti e qui ci ritroviamo a leggere i ricordi di uno dei pochissimi ebrei italiani che hanno fatto ritorno da Auschwitz.
Le sue parole sono come un pugno nello stomaco tirato con tutta la forza possibile.
L’autore riporta la testimonianza di Alberto Sed con estrema delicatezza e sensibilità. La sua prosa è scorrevolissima, ogni ricordo ha il suo spazio e si percepisce l’immenso rispetto dell’autore nei confronti di Alberto. Alla fine del libro vi è una lettera bellissima che vi conisglio di leggere.
Il lettore si ritrova a leggere orriori, dolori, fatiche insopportabili, la fame, la paura spiazzante ed azioni scioccanti. Più volte, durante la lettura, mi sono dovuta fermare per far prendere aria alla mente e al cuore, più volte ho chiuso il libro, reiterate volte ho sussurrato”no“. Altre volte invece ho letto e riletto la stessa pagina per l’incredulità di una realtà priva di qualsiasi cosa.
Questa testimonianza mi ha fatto dormire male, mi ha appesantita tantissimo ma d’altra parte quando si parla di certi argomenti credo sia inevitabile.
C’è una cosa che però mi ha colpita molto. Alberto spiega tutto con estrema vividezza e nonostante la tragedia disumana, durante il racconto, si percepisce un moto di speranza che non lo abbandona mai. Alberto lotta in quel posto mortale e lo fa con tutte le sue energie, anche quelle che non crede di avere.
Ebbe la fortuna d’incontrare persone disposte ad aiutarlo sia all’interno del campo che fuori, una volta uscito perché in questo scritto ci viene raccontato anche del “dopo“, di quando riabbraccia sua sorella Fatina, l’unica sopravvissuta della sua famiglia oltre a lui e di come è riuscito a ricrearsi un qualcosa, una vita, un sorriso, una rivincita. Si sofferma molto su questo concetto di “rivincita” soprattutto quando un programma televisivo gli chiese di tornare là, ad Auschwits, per raccontare gli orrori sul posto. Lui rifiuta spiegando che là non ci tornerà mai e che la sua rivincità non è tornare in quel luogo di morte a distanza di anni ma esser riusciuto, nonostante tutto, a creare una numerosa famiglia di figli, nipoti e pronipoti insieme a sua moglie.
Alberto Sed è un uomo che non è mai riuscito a prendere in braccio né i suoi figli né i suoi nipotini per l’esperienza vissuta al campo: i soldati gli facevano lanciare in aria i bambini ebrei di appena due mesi e gli sparavano mentre erano in volo. Tutto questo per gioco, per divertimento. Scommettevano su questi tiri. Come si può anche solo concepire un atto del genere?
Eppure Alberto, coi suoi incubi ed il suo bagaglio di vita, ce l’ha fatta. È riuscito a rifarsi una vita, ricordi belli di condivisione, presenza e famiglia.
“Loro sono i frutti del mio albero, che qualcuno voleva estirpare insieme a tutta la mia foresta.”
Cari lettori, ne esco ammaccata. Questa lettura risucchia energie e linfa.
“Ti serviranno i fazzoletti” mi aveva detto Laura (clicca QUI per sbirciare tutte le sue belle recensioni) e aveva una gran ragione.
L’essere umano purtoppo ha la pessima capacità di dimenticare in fretta. In questo esatto momento stanno morendo tante persone, attraverso gli schermi ed i giornali vediamo immagini di bambini uccisi, ragazzi con armi in mano, distruzione e devastazione, odio, follie.
Tutto questo fa una gran paura.
Per chi è? Per tutti gli esseri umani che popolano questo pianeta. Proverete dolore, tantissimo dolore, rabbia ed incredulità ma questo è stato ed è doveroso non dimenticarlo mai. “Sono stato un numero – Alberto Sed racconta” di Roberto Riccardi è una testimonianza da leggere perché come ci dice Alberto: “Il futuro non si costruisce cancellando il passato ma guardando agli errori che contiene per non commetterli più.”