Siamo così tanti a camminare sul solito asfalto, sul solito sentiero di montagna o sul solito marciapiede.
Siamo tanti. C’incontriamo e ci scontriamo, soprattutto ci scontriamo.
“People are strange when you’re a stranger” cantano i The Doors e c’hanno una grande ragione.
Il problema sono i preconcetti, le idee a priori, le esperienze che ci creano ipotesi infondate che noi diamo per certo. A vent’anni queste cose non c’erano, ora talvolta fanno capolino ma io sono fatta di corteccia, sto imparando a trattenere solo quella linfa che mi fa bene, lo smog cerebrale cerco di non farlo nemmeno avvicinare.
Tante persone si ritrovano senza niente da dire. Com’è possibile? Di me potrei dire così tanto. Il problema sapete qual’è? Che la gente, gran parte della gente via, non voglio fare di tutta l’erba un fascio, non ha più voglia di ascoltare. Mettersi lì, fermi, con le orecchie ed il cervello in ascolto pare una roba trascendentale. Eppure è così bello fermarsi, respirare ed ascoltare.
Il mondo corre, è tutto frenetico. Io vado contro corrente e ricerco la lentezza. Se devo ballare ballo, ma poi mi fermo. Assimilo il bello, caccio fuori il brutto e poi riparto.
Ogni tanto mi chiedo se esistono ancora esseri umani e a braccetto con questo pensiero arriva quella me che sorride sempre, quella selvatica che abbraccia gli alberi, accarezza le foglie e salva i gechi, i merli e le lucertole. Lei crede ancora nell’umanità.
Non sono impegnata perché sono impegnativa, ve lo dico io.
Le persone hanno smesso di ascoltare e io vorrei tantissimo essere smentita. La vedo dura però continuo a sperarci; non mi smuovo, sono testarda come un mulo, rimango qua, con l’orecchio teso verso il mondo, verso i miei fruscii tatuati nell’orecchio.
E tu? Tu ascolti? Non dire sì a priori, altrimenti torniamo al discorso iniziale.
Se la risposta è positiva, ti sorrido.
Se al contrario la risposta è negativa, avvicinati ad una persona in grado di ascoltare, ruba quell’arte ed arricchisciti.