Pensieri su pensieri, mamma mia quanti pensieri, troppi.
Ma d’altra parte, come si fa a non averne?
Mi ricordo quando guardavo film o leggevo libri distopici su un qualche virus mortale, su una catastrofe, disagi e blocchi vari, quarantene o quant’altro e mai, MAI, avrei pensato di ritrovarmici dentro. Eppure eccoci qua. Saturi e stanchi di questa situazione con la quale però dobbiamo convivere.
Io non me ne intendo, non sono una virologa, non sono una dottoressa, non conosco le meccaniche dietro a tutto ciò e per questo non posso esprimermi a dovere perché probabilmente sbaglierei su tanti fronti ed io sono del parere che quando uno le cose non le sa a modino, fa bene a tacere. Molti invece chiacchierano, urlano, si sentono potenti nei loro credo e nelle loro idee. La convinzione di un concetto senza basi e campato in aria è una brutta bestia e a me, le chiacchiere “a vanvera” come si dice qui in Toscana, ovvero le chiacchiere senza senso, non mi sono mai piaciute. Se non so ascolto, cerco di farmi un’idea con gli strumenti che ho a disposizione ma preferisco non espormi.
Quello che so e che conosco è la stanchezza mentale che tutta questa situazione porta con sé, è la sensazione di perenne disagio, quella voglia di stare per conto proprio invece che in un gruppo di persone, di amici e questo è brutto e mi dispiace perché l’uomo è un animale gregario e ora non può, anzi, non deve seguire quella che è la sua natura.
Io ho la fortuna di stare appiccicata alla mia famiglia, anche letteralmente parlando visto che abitiamo tutti nella stessa via. Io non sono mai sola. Ma penso a coloro che magari vivono in un’altra città, che sono chiusi in casa in totale solitudine, chi ha i propri cari lontani o peggio, a coloro che hanno persone all’ospedale e non possono vederle come vorrebbero e anche a coloro che soffrono di depressione perché non è un taboo la depressione, sapete? Penso al baratro che li circonda e che si amplifica di giorno in giorno e tutto ciò mi fa sentire con le spalle al muro, mi fa strizzare il cuore.
Penso anche alla “normalità”, quella situazione così effimera che forse rivedremo chissà quando, la “normalità” forse alcuni non se la ricordano nemmeno. Io ad esempio, se prima dovevo tornare a casa perché mi dimenticavo la mascherina, questo non avviene più. Vi sembra poco? Beh, non lo è, sta a dire che la mascherina, che prima mi dimenticavo, adesso è diventata parte integrante della mia vita, del mio quotidiano, della mia “normalità”.
Io non so cosa succederà.
Io non so cosa cambierà.
Io so solo che la stanchezza psicologica esiste e va bene ammetterlo, va bene essere preoccuparti e va bene piangere.
Va bene anche provare a sognare ad occhi aperti quella che forse sarà una nuova “normalità”. Se non altro allevia un pochino questo stato di ansia perenne.