Domenica scorsa, ore 09:00 ritrovo al bar in piazza dell’Impruneta per la famiglia Colombi, brioches calde, caffeini e cappuccini vari e poi eravamo prontissimi per affrontare quelle due orette di macchina che ci avrebbero portati dai parenti paterni che abitano in un delizioso paesino dell’Emilia Romagna, più precisamente a Roncole Verdi dove sono nati sia il mio babbo sia il famoso compositore italiano Giuseppe Verdi.
Quando ero piccola mi ricordo molto bene che durante il tragitto in macchina il babbo metteva ogni volta i suoi adorati Cd dei Pink Floyd o dei Queen… Già da bimbetta mi ritrovavo a canticchiare “Ragio ga ga”, non capivo una mazza del testo eh, sia chiaro, però almeno nel mio cervellino risuonava musica di alto livello! Ogni volta mi perdo a guardare fuori dai finestrini, la Pianura Padana m’incanta sempre, forse perché per noi abitanti delle colline abituati a quel continuo sali scendi, ci risulta strana tutta quella terra estremamente piatta e regolare, campi su campi dalla lunghezza infinita, casolari vecchi e diroccati ma con un particolarissimo animo bello, rustico e quasi misterioso, rotoballe di fieno ovunque spesso e volentieri circondate dalla nebbia tipica del posto, fattorie dall’aspetto antico e quell’odore di concio e di terra lavorata che ti entra nelle narici e ti da il benvenuto nella propria regione. Mi piace fare quel viaggio in macchina, non so dirvi bene come mai, probabilmente perché la grande piattezza della Pianura Padana riesce in un certo senso a stabilizzare i continui alti e bassi del mio umore ma questa è solo una misera ipotesi. Appena fuori dall’autostrada s’incontrano dei paesini a dir poco rustici e meravigliosi, fino ad arrivare appunto a destinazione, a Roncole Verdi. Piccola, tutti conoscono tutti, famosa per le sue “cotiche”, orgogliosa di aver tenuto tra le sue braccia uno dei più grandi operisti e non solo, infatti è conosciuta anche grazie a Giovannino Guareschi, grandioso scrittore che ha dato vita ai suoi personaggi celebri “Don Camillo e Peppone”, ci sono tante case in pietra, una chiesina che fa tenerezza (che ha visto diventare marito e moglie i miei genitori), un bar sempre pieno dei suoi paesani, insomma, un piccolo paesino con una bella coccarda in testa.
Dunque, arriviamo ed il ritrovo avviene sempre nella piazzetta dietro la chiesa dove, dopo aver salutato tutto il parentado, ci dirigiamo al solito bar a fare un rapido aperitivo così il babbo ha la possibilità di rincontrare vecchi amici, rispolverare un po’ il suo dialetto e di ridere di nuovo coi compagni della sua giovinezza e di svariate avventure che forse (e sottolineo il forse) è meglio non raccontare!
Dopo tutti i necessari aggiornamenti sulle nostre vite accompagnati rigorosamente da qualche stuzzichino e da un buon bicchiere di prosecco o, meglio ancora di Lambrusco, ecco che è giunto il momento di andare tutti in branco al ristorante e qui sarebbe doveroso un minuto di silenzio, anzi, forse anche due… Se vi state chiedendo il perché di questa mia bizzarra affermazione vuol dire che non siete mai stati a mangiare in uno di quei ristorantini tipici del posto, altrimenti sapreste bene il motivo del mio minuto di silenzio!
Ci sediamo a tavola, comodi e sorridenti e qui apriti cielo, no anzi pardon, apriti stomaco… L’Emilia Romagna è famosa per il suo buon cibo e parliamoci chiaro, noi toscani siamo abituati molto bene ma anche in questa regione non scherzano e quando il cameriere (che in quel momento adori tantissimo) ti riempie il bicchiere di un buonissimo Lambrusco e ti mette davanti agli occhi (che sono già a forma di cuore ovviamente) un’intera piattata di Culatello, datemi retta se vi dico che in quell’esatto istante si raggiunge l’estasi suprema.
I loro superbi affettati, gli anolini, i cappelletti, le mezze maniche, il loro Parmigiano, i loro infiniti modi di cucinare il maiale e i vini di quelle parti ragazzi miei non li batte nessuno, roba da capate nel muro, lo stomaco si apre e si dilata via via stile voragine apocalittica come se non ricevesse cibo da almeno quattro giorni, le papille gustative ballano una samba sfrenata e la gola si lascia coccolare dal vino fin troppo piacevole.
Mi piace sempre andare là, è una boccata d’aria, di sapori, di odori, di profumi e di rumori differente, spezza un pochino la solita routine che viviamo e poi ovviamente fa sempre piacere rivedere e passare una giornata insieme ai parenti lontani.
Il devasto di tutto ciò? Ah beh, facilissima questa risposta… Alzarsi da tavola chiaramente! Ti senti una mongolfiera o una balenottera che si è appena mangiata tutto il plancton di tutti i mari esistenti sul pianeta Terra! Ti senti piena all’ennesima potenza, piena di cibo e di tanta felicità.
Oh porca miseria… Sapete che vi dico? A me è venuta una fame… Quando si torna là?