Come vi avevo accennato la volta precedente, al paesello imprunetino il mese di Settembre viene vissuto in modo molto particolare perché le nostre vite, le nostre anime, i nostri cervelli ed i nostri cuori, cambiano colore. Eh sì cari miei, credetemi! Questo perché il nostro paese è suddiviso in quattro “rioni” che per tutto il mese di Settembre (…e non solo!) s’impegnano con anima e corpo a costruire un progetto formato da veri e propri carri, coreografie, vestiti e musiche che abbiano come argomento principale l’uva e tutto ciò che la riguarda.
Questo è veramente un mese di fuoco, tutti noi rionali stacchiamo la spina lavorativa, cambio rapidissimo di vestiti e poi via di corsa ognuno sul proprio cantiere, pronto e scattante a rimboccarsi le maniche per portare avanti il progetto scelto dal rione che poi verrà presentato con una sfilata allegorica nella nostra bellissima piazza l’ultima Domenica di Settembre dove dei giurati tecnici valuteranno il lavoro svolto per poi decretare il vincitore della “Festa dell’Uva”.
Per chi non fosse dell’Impruneta e non conoscesse questa nostra splendida festa che proprio quest’anno compie la bellezza di 90 anni, vi presenterò brevemente questi quattro rioni di cui vi stavo parlando prima, cercando di essere il più imparziale possibile (giuro!!!) ma comprenderete bene l’enorme difficoltà… Comunque, cercando di essere veramente “super partes” e sperando soprattutto di non stuzzicare l’anima permalosa e polemica di nessuno, inizierò quest’impresa descrittiva.
Il primo rione che porto in campo è quello delle Sante Marie ed il suo colore è il celeste, non a caso amano intonare la famosa canzone di Rino Gaetano “Ma il cielo è sempre più blu”. Il loro cantiere si trova nel parcheggio della “Piazza Nova”, dove batte sempre il sole ed il vicinato non è molto simpatico perché non riesce proprio a sopportare che per un mese all’anno ci siano dei rumori in più, è bestiale pensare a quanto la gente sia diventata insofferente su praticamente tutto, ma non divaghiamo, perché questo è ancora un altro capitolo. Insomma, i celestini dell’Impruneta hanno un carattere molto competitivo, non gareggiano mai tanto per fare, credono molto nel loro rione ed in quello che alla fine del mese riescono a portare in piazza davanti alla giuria. Lasciano poche cose al caso, i loro carri sono sempre curati, rifiniti e precisissimi (o quasi sempre via!) e nonostante i gusti che ovviamente variano da persona a persona, questo rione cerca sempre, a modo suo e col suo stile, di essere raffinato ed elegante curando le stoffe e preparando al meglio i loro balletti ma ahimè, talvolta peccano d’arroganza (…oddio non mi lapidate!) e sanno essere estremamente rancorosi e permalosi. Personalmente non stravedo per il loro stile ma riconosco che in determinate cose sono difficili da battere, come per esempio ricreare delle statue o costruire delle “casine” in legno e polistirolo, vi assicuro che sono dei maestri in questo. Ah, dimenticavo che sanno fare un’altra cosa parecchio bene… Cucinare! Fanno un maialino delizioso e se non avete mai partecipato a quella cena, vi consiglio vivamente di farlo!
Il secondo rione che vi descriverò è quello di colore bianco, il Sant’Antonio situato sull’omonimo monte, in mezzo al bosco e lontano da occhi ed orecchie indiscrete (anche se nell’Impruneta settembrina, vi assicuro che sia i pavimenti, che gli alberi, che le nuvole, che le foglie amano i pettegolezzi e li fanno viaggiare alla velocità della luce!). Questo rione qualche anno fa aveva subito un grande calo sia artistico che emotivo, seguito di conseguenza da svariati ultimi posti ma fortunatamente è da qualche edizione ormai che il rione del Sant’Antonio ha ripreso linfa vitale e si è rimesso sulla giusta carreggiata col coltello tra i denti e più agguerrito di prima e menomale, perché la gara è molto più avvincente quando tutti e quattro i rioni partecipano con la voglia immensa di alzare quella coppa di terracotta. I lavoratori di questo rione sono molto abili nelle costruzioni del carro, riescono a fare delle belle cose, curate e ben definite, a mio avviso esagerano un tantino coi colori ma sapete com’è, io amo lo stile retrò del “black and white” e del “seppia” quindi faccio poco testo. In questi ultimi anni si sono sempre impegnati al massimo a portare in piazza un bello spettacolo, la precisione regna sovrana, sono quasi maniacali alle volte, visto che provano quei balletti una sera si e l’altra pure! Nonostante non spicchi il loro senso dell’umorismo, sono piuttosto riservati, se ne stanno sul loro monte a lavorare a capo basso e guai a te, se sei di un altro rione, non ti azzardare a mettere piede nel loro cantiere perché potresti sentirti un tantino fuori posto, eh i rionali del Sant’Antonio sono un pochino particolari, non sono tantissimi ma si fanno sentire, sempre a modo loro chiaramente…
Il penultimo rione è quello delle Fornaci, dominato dal colore rosso. Partendo dal presupposto che i rioni sono tutti avversari tra di loro, se dovessi non contare il mio, questo è il rione che preferisco dei tre restanti, sarà perché ho tanti amici dall’animo fornacino oppure perché hanno un grande spirito e tengono sempre il sorriso sulle labbra. Adesso arriva il tasto dolente e premetto che, come ho detto adesso, mi stanno estremamente simpatici, ma qualche volta questo rione si lascia trasportare da una corrente guidata dal senso dell’orrido ed il bello è che se lo dicono pure da soli, sono mitici! Di loro apprezzo due cose, l’impegno che ci mettono, la volontà enorme nonostante siano coscienti che il loro progetto non sia granché ed il grande spirito della Festa dell’Uva, eh sì, per loro far festa, divertirsi e stare in compagnia è alla base di tutto scavalcando anche le innumerevoli divergenze e quando vado a trovare i miei amici in quel cantiere per scambiarsi qualche battuta, ne esco sempre sorridente; loro emanano allegria e sono sempre pronti a fare un sonoro brindisi.
Ed eccoci, dulcis in fundo, arrivati al mio rione, quello verde, il rione del Pallò. Come siamo noi? Belli come il sole, caparbi e testardi come muli. Siamo capaci di metter su uno spettacolo coi fiocchi ma ci serve una giusta spinta e una buona guida. Visto che ho promesso di essere imparziale, affermo che qualche volta, spesso ultimamente, il mio rione si trasforma leggermente in un gregge di pecore (ovviamente non faccio di tutta l’erba un fascio eh) perché tende a seguire ed a lasciarsi “infinocchiare” da tante belle parole, dando così troppa responsabilità e fiducia a persone che non tengono seriamente al rione ma che invece, adorano stare al centro dell’attenzione e coi riflettori puntati addosso ma che attenzione, nel momento “del giudizio” non si mettono seduti ad un tavolo per poterne discutere eh no, troppo facile, o non si presentano, o fanno i finti tonti, oppure delegano persone caratterialmente più forti per prendere la ragione a costo di scalare, arrampicarsi su specchi, vetri, muri, Everest e chi più ne ha più ne metta. Se non conto questo il mio rione ama fare baldoria, ama bere (per questo siamo molto famosi, ma solo perché abbiamo un bar e dei baristi ganzi, belli e bravissimi!!), mangiare, ci piace cantare tutti insieme felici come una vera grande famiglia e tiriamo fuori una grinta pazzesca quando vogliamo puntare in alto, quando le nostre menti brulicano di pensieri scintillanti ed innovativi, quando siamo tutti uniti e tra una birra, una sigaretta e quattro cavolate, viene fuori quell’idea che crea il famoso “brividino” lungo la schiena. Ed è questo che mi fa arrabbiare di noi, abbiamo grandi cerevellini magnificamente pensanti nel nostro rione, idee geniali e abbiamo le braccia giuste per renderle reali, eppure qualche volta (ultimamente un pochine troppe per i miei gusti!) facciamo come i gamberi, torniamo indietro anziché andare avanti, puntiamo in basso e non in alto e solo perché ripeto, il piedistallo deve essere solo ed esclusivamente di “un’élite”. Se non calcolo questo gruppo di persone che se non lo avete capito, non mi piacciono per niente, siamo un rione compatto, che si alimenta e si fa forza continuamente, amiamo spingerci sempre oltre e quando oltrepasso il cancello di quel cantiere, mi pervade quel senso di collaborazione, di voglia di fare, di casa, di famiglia che scaccia via ogni tristezza.
Ogni rione è una famiglia, ogni rione è casa. A prescindere dalla sfida finale, dal perdente e dal vincitore, la Festa dell’Uva crea per tutta la durata del suo mese un’aria magica di festa continua, è un mese di piena attività dove non ci si sente mai soli perché tanto sul tuo rione troverai sicuramente qualcuno pronto a scambiare due chiacchiere e ad offrirti una birra in compagnia.
Quindi, lasciando un attimo da una parte la gara, auguro a tutti i rioni di godersi al massimo questo mese, di fare un bel lavoro impegnandosi anche nelle piccole cose, di ascoltare tutte le idee e le opinioni, di sorridere tanto e di litigare poco, di fare tantissimi brindisi e di non dimenticarsi mai che la Festa dell’Uva è una tradizione unica che abbiamo solo noi imprunetini e per questo abbiamo l’onore ed il dovere di portarla avanti a testa alta, nonostante le innumerevoli difficoltà.
Divertitevi rionali, iniziamo tutti a vestirci con gli indumenti ed i colori del proprio rione e che vinca il migliore!