Sabato mattina sono andata a camminare e per una volta ho lasciato a casa il mio I-Pod, quindi ho imposto a me stessa e alle mie orecchie di non ascoltare la musica artificiale ma di prestare attenzione a quella naturale, ultimamente dominata dal suono imperterrito e alle volte snervante, delle cicale.
Non avevo voglia di camminare per le vie principali del paesello, così ho optato per la strada di Fabbiolle, piena di sali scendi, immersa nel verde e circondata da campi, vigneti, ville a dir poco belle e vecchi casolari. Che bella quella strada, consiglio a tutti di farla ogni tanto perché secondo me è più efficace di una seduta da uno psicologo, ed è pure a costo zero! Se siete pigri e vi fa fatica farla a piedi o in bicicletta per via delle salitine che fanno confondere le gambe, allora fatela con la macchina, ma andando lentamente e coi finestrini aperti, oppure in motorino, insomma, fatela in qualche modo e soprattutto godetevela!
All’andata mi sono lasciata coccolare dalla natura, il mio paesello mi guardava le spalle e davanti a me c’era solo quel bel verde che ha la nostra decisamente invidiabile campagna. Ho sorriso nel vedere le farfalline dai mille colori che svolazzavano divertite e leggere, le api sempre laboriose se ne andavano di fiore in fiore, qualche tafano rompiscatole cercava invano di sganciarmi un doloroso morsetto ma povero illuso, non sa che vivo coi cavalli dalla tenera età di 8 anni, quindi conosco qualsiasi tecnica killer per i tafani impazziti!
Salgo, scendo, il caldo si fa sentire ma il rumore che fanno le cicale è decisamente più forte, non passa neanche una macchina, che bellezza, alla mia destra ci sono dei bellissimi vigneti abilmente curati e alla mia sinistra la vallata scende giocando a zig zag tra gli alberi. In questa strada ci sono delle ville veramente belle, di quelle che si vedono nei film, coi cancelli in perfetto ferro battuto, le piante egregiamente curate ed il giardino con l’erbetta tagliata attentamente che solo a guardarlo ti sale quell’impetuosa voglia di camminarci sopra a piedi nudi per sentire il tocco soffice dell’erba fresca sotto di te. Andando un po’ più avanti si trovano dei bellissimi casolari dalle mura sconnesse, come quello del film toscano “Il Ciclone”, con quelle rustiche finestre in legno e nel vedere tutto ciò non ho potuto far altro che sentirmi bene, soprattutto quando i miei occhi hanno notato quell’anziano contadino con la camicia a quadri ed il cappello di paglia a raccogliere le perine dal suo albero; quest’immagine mi ha fatto fare un salto indietro nel tempo, per un secondo mi ha fatto vivere quegli anni dove io neanche esistevo, dove i contadini allevavano i loro animali che tenevano come l’oro, la spiga di grano in bocca e un proverbio toscano sempre pronto, tutto era senza dubbio più faticoso ma credo che fosse anche molto più semplice, appagante e decisamente più sereno.
Cammino, vado avanti fino a che non sento le mie gambe che iniziano ad essere stanche, allora faccio una bella inversione a U rimettendomi sui miei passi, lasciando questa volta la fitta campagna alle mie spalle e davanti a me intravedo tra le frasche il mio caro paesello. Ad un tratto, terminata una “leggera” salita, alzo lo sguardo e vedo esattamente davanti a me il campanile della Basilica dell’Impruneta che domina tutto e che mi ha “puntato gli occhi addosso”.
“Oh te?!” Penso io. “Ciao eh…”. (Tranquilli è tutto nella norma, sto parlando col campanile ma vi assicuro che ho fatto anche di peggio!)
Se ne stava lì davanti a me e svettava bello tronfio come un tacchino e fiero di sé come quando i pavoni fanno la ruota. Continuo a muovere i miei piedi e un enorme casolare poco più avanti copre completamente il campanile; passo quelle antiche mura di pietra consumate dal tempo, seguo la curva e poi rieccolo che mi guarda!
“Aaahh… Allora vuoi giocare a nascondino con me eh…” Penso io.
E probabilmente era proprio così; l’altra mattina, sabato 30 Luglio 2016, il campanile della nostra Basilica voleva giocare a nascondino con me e non avete idea di quanto si sia divertito nel fare il burlone… Si nascondeva prima dietro le frasche dei pini, poi tra i fittissimi rametti degli ulivi, poi le curve e le case giocavano a suo favore, man mano che il tempo passava mi avvicinavo sempre di più a lui che diventava via via più grande ed imponente. Termina la strada di Fabbiole ed io imbocco la variante e vedo che due alberi enormi vicinissimi tra di loro riescono, grazie alla loro stazza e alle voluminose frasche, a coprire quel giocherellone di un campanile quasi interamente, allora lo guardo e sorrido in modo beffardo pensando “Guarda che ti vedo, vecchio mio, devi impegnarti di più se vuoi nasconderti dai miei occhietti sempre attenti…”.
Ho sorriso e poi, percorrendo la via di casa, ho lasciato quel simpatico campanile alle mie spalle ed invito nuovamente tutti voi a percorrere quella strada così magnifica e rigenerante e chissà, magari se riuscite a sgomberare abbastanza la mente da tutte le noiose razionalità della vita, allora forse il campanile dell’Impruneta avrà voglia di giocare a nascondino anche con voi e mi raccomando, tenetelo d’occhio perché gli piace fare il furbo!