Qualche giorno fa ho conosciuto un signore di una certa età, che poteva essere tranquillamente mio nonno, veramente molto distinto, indossava un completo marrone scuro, una camicia color crema ed un’elegante cravatta ricamata da un’abile mano.
Mi si è avvicinato un po’ zoppicante e con voce roca ma ben decisa mi ha detto:
“Lo sa, mia bella signorina, che dove lavora adesso lei, in queste stanze io diversi anni fa ci facevo il caffè più buono di Firenze? E lo sa che svegliavo tutto il paesino col profumo che facevo al mattino? Tutta Tavarnuzze apriva le finestre e respirava l’odore del mio buon caffè!”
Ho sorriso a quel signore e sono rimasta lì ad ascoltare praticamente tutto il suo affare del caffè, mi ha mostrato dove teneva i vecchi macchinari, i rumori che facevano e quell’intenso profumo che producevano.
In realtà vi dico che avrei potuto sbolognarmelo velocemente in almeno mezzo miliardo di modi, potevo far finta di rispondere al telefono, di aver da fare, di dover sistemare della roba, potevo solo scegliere il modo più garbato per scappare da quella situazione ma invece non l’ho fatto e non avevo proprio la minima intenzione di farlo. Assolutamente no, soprattutto perché notavo l’entusiasmo che ci metteva nel raccontarmi dei suoi tempi d’oro e del suo tanto amato ed apprezzato lavoro, in particolar modo quando mi ha detto che il suo caffè era richiesto dai nomi più rinomati della nostra bella Firenze, in quel momento gli si sono illuminati gli occhi, sprizzava orgoglio da tutti i pori!
Mi ha anche raccontato che quel caffè con quel magico profumo ha fatto sì che una giovincella dalla folta chioma s’innamorasse di lui ed alla fine, davanti ad uno dei suoi strepitosi caffè, le disse quel famoso “sì” che li fece sposare e passare meravigliosi anni insieme. Il suo volto divenne triste quando mi disse che purtroppo era rimasto solo ma che ogni mattina che Dio ha messo in terra, lui le dà un “buongiorno pieno d’amore”, come ha detto lui con aria sognante, davanti ad una fumante tazza di buon caffè rigorosamente amaro, per non alterarne il sapore.
Vi dico che è stato un piacere parlare con quel signore così distinto e alla fine, quando mi ha salutata perché doveva rientrare in casa per guardare la partita di calcio mi ha ringraziata per il tempo che gli avevo dedicato. Gli ho sorriso, ho stretto la sua mano grinzosa ma forte e gli ho risposto “Il grazie va a lei”. Mi ha sorriso di rimando, mi ha fatto un occhiolino e si è lentamente incamminato sul marciapiede verso la via di casa.
Ho regalato un po’ del mio tempo ad una persona che ne aveva bisogno, ho dato ascolto ad una persona che voleva parlare per passare qualche minuto in compagnia e riportare a galla i suoi bei tempi felici. Non facendo praticamente niente ho fatto tanto, ho fatto contenta una persona e questo rende felice me.