Quasi un annetto fa una persona mi chiese di chiudere gli occhi, rilassarmi (che ho scoperto essere una cosa difficilissima!) e di pensare alla “leggerezza”. Mi chiese, per essere più precisi, di creare nella mia mente un’immagine che potesse rappresentare la mia idea di leggerezza.
Feci i miei compiti dunque, chiusi i miei occhietti sempre vispi, cercai di tranquillizzarmi e di rilassare il mio corpo costantemente teso ed infine cominciai ad aprire tutti i cassetti della mia mente per cercare questa benedetta immagine. Inizia ad aprirli con calma, ad uno ad uno, ma poi andando avanti mi resi conto di quanto fosse difficile scovare questa cosa, avevo preso decisamente sotto gamba questo lavoro. Vi assicuro che era tutto tranne che semplice e vi dico anche che non riuscii a portare a termine l’esercizio, perché non fui in grado di disegnare nella mia testa quest’immagine di leggerezza, avevo tutti i pennelli che volevo e qualsiasi tipo di colore, ma la mia tela rimase completamente bianca.
Mi ricordo che ci rimasi male con me stessa, mi disturbò molto il non riuscire a focalizzare, mi venivano in mente tante immagini caotiche che facevano a cazzotti tra di loro per essere subito rimpiazzate da altre ancora più disordinate.
La cosa assurda è che anche nei giorni e nei mesi seguenti mi sono sforzata di trovare questa benedetta idea di leggerezza e nonostante ogni sforzo nulla, non ci riuscivo. Che rabbia.
Poi mi chiedevo, “leggerezza in che senso?”, una farfalla è leggera, una nuvola, una foglia, il mare, una piuma, ci sono miliardi di cose che possono rappresentare questa parola, ma in quell’esercizio era richiesta specificatamente di trovare la “propria leggerezza” e c’è moooolta differenza.
Il non riuscire in questa cosa mi aveva irritata così tanto che proprio qualche mese fa decisi di abbandonare la nave di questa ricerca impossibile, missione fallita, tirai i miei stanchi remi in barca accantonando il tutto in un angolo polveroso della mia mente.
L’altro giorno ho deciso di andare a fare una passeggiata con la mia cavalla lasciando a lei il timone, non sapevo bene dove andare ma c’era un sole spettacolare, era la giornata perfetta per una bella giratina tra i colli fiorentini e così le ho mollato le redini sul collo dicendole “Amica a quattro zampe, hai carta bianca, decidi te dove portarmi…”.
Che buffo, alle volte gli animali ti stupiscono proprio, non so come facciano ma credo che abbiano una specie di radar per leggerti l’anima. Mi ha portata attraverso un boschetto e poi con calma, con la sua immancabile flemma, ha svoltato in un sentierino in pianura che non conoscevo, abbiamo girato un angolo e poi ho dovuto trattenere il fiato. Eccola lì, più chiara che mai, un immenso prato verde, tante margherite, spighe di grano, il cielo celestissimo, qualche nuvolina, l’arietta primaverile, le orecchie delle mia cavalla davanti a me, un silenzio quasi innaturale. Ho sorriso e le ho accarezzato il collo muscoloso ringraziandola perché dopo mille idee e tante fatiche, la mia cavalla era riuscita a farmi trovare la mia immagine di leggerezza e non ho potuto che godermi ogni singolo istante di quel prezioso momento.