Ditemi, che cosa c’è di più prezioso del legame con la propria sorella? (O fratello, naturalmente!). Credo che non esista nessun sentimento che lo possa eguagliare o addirittura sorpassare, credo che sia in assoluto il più forte, il più profondo ed intimo sentimento che l’essere umano possa provare. Non è “voler bene”, non è “amare”, è un qualcosa che non possiede un nome ed è giusto così, perché non può e non deve essere etichettato sotto nessuna categoria, è troppo grande e potente, mi risulta anche molto complicato parlarne, anzi pardon, scriverne.
Cerchiamo allora di concretizzare un tantino questo pensiero. (Stupendo, canterebbe Patty Pravo!)
Se cerco di farmi un’idea reale su questo rapporto e sulla figura fraterna, nella mia mente si forma pian piano una sorta di puzzle che appena si completa mi regala un’immagine ben definita, semplice, chiara e adatta. Un’ancora.
Per me, un fratello o una sorella, corrisponde proprio a quell’ancora che tutti i marinai gettano in mare, affidandole un compito importantissimo, ovvero quello di non lasciar andare la barca secondo le correnti, ma di tenerla ferma in quel punto.
Loro sono esattamente quell’ancora che se getti anche nel più profondo dei mari, puoi star certo che si aggrapperà al fondale o ad uno scoglio con tutte le sue forze e non lascerà mai la presa, non ti abbandonerà per nessuna ragione al mondo, è quell’ancora alla quale puoi legare la tua stessa vita.
La mia ancora non è molto alta, ha i capelli molto mossi, ha il mento buffo, ha gli occhi grandi e verdi, con folte e lunghe ciglia e ha un cuore enorme.
Io ho un’ancora che anche se il vento non è a suo favore e anche se il mare si trasforma in un grande via vai di correnti sbarazzine, non si smuove nemmeno di un millimetro, non si lascia intimidire neanche da quelle tempeste tremende che si vedono nei film, nossignore, la mia ancora non mollerà mai la presa della mia barchetta, per nessun lupo di mare al mondo!
La mia ancora non è brutta e verdastra come si vedono sempre, bensì ha la carnagione pallida, è molto chiara e non ha vecchie alghe avvizzite che la ricoprono da cima a fondo, la mia ancora è la più elegante tra tutte, è agghindata da magnifiche stelle marine.
Alla mia ancora potrei legare la mia vita, mi ci potrei legare io stessa senza pensarci due volte, perché veglia silenziosa sulla mia barchetta solitaria e so che non la perde di vista nemmeno per un secondo, anche nelle acque più sporche e buie, non permette a nessuno squalo di gironzolarmi intorno e la nostra corda non si consuma mai, nemmeno nelle acque più inquinate.
Ognuno chiaramente deve trovare la sua, ma io l’ho già trovata per fortuna e adesso ho capito come mai le chiamano “ancore di salvezza”, perché in mezzo all’immensità dell’oceano sono un punto di riferimento indispensabile, sono sempre lì e navigano sempre con noi, anche in un “mare” di guai.
Concludo alla maniera della complessa famiglia Mikaelson, facendo sorridere la mia sorella, la mia ancora, “Always and forever”.